IL LADRO DEI GIROLAMINI

Max Fox (2019), di Sergio Luzzato. Einaudi. 310 pagine, 20 euro.

Max Fox è il nick name che Massimo de Caro usa nelle conversazioni via skipe con Sergio Luzzato. Massimo de Caro è il ladro falsario  che ha saccheggiato di libri antichi la biblioteca pubblica dei Girolamini, un fatto venuto alla luce nel 2012 grazie alla denuncia dello storico dell’arte Tomaso Montanari. Sergio Luzzato è uno storico accademico dell’Università di Torino che ha voluto scrivere la incredibile storia di questo imbroglione.

Tomaso Montanari mette in guardia lo storico Luzzato: vuoi raccontare de Caro dal suo punto di vista? Intervistandolo? Stai in guardia: lui è un mentitore, un manipolatore, un mestatore pitonesco. “In un paese come il nostro che simpatizza sempre per il ladro, il furbo, il presunto genio del male l’operazione rischia di essere conformista… se questo serve a far capire che i cattivi sono i ricchi collezionisti, i mercanti, gli intellettuali silenti e che lui è solo un povero sciocco, uno spiantato, un mitomane allora va bene. Se alla fine lui fa simpatia o peggio giganteggia è un guaio serio.”

Ma Luzzato va avanti. Incontra Massimo De Caro e intrattiene con lui lunghe conversazioni telefoniche, accuratamente registrate. Pensa, Luzzato, per giustificare la sua operazione e la fascinazione che in fondo sente per de Caro, al Carrere de L’avversario, e all’Impostore di Javier Cercas.

Carrere e Cercas

“Mi interrogavo sulle connessioni tra l’interesse mio per De Caro e l’interesse di Carrere per Romand. Riflettevo sul corpo a corpo fra scrittore e personaggio – ma senza nulla di finzionale, di romanzesco: dentro una storia vera:  che l’autore dell’Avversario aveva ingaggiato con il protagonista del suo libro… per carità, tra l’affaire Romand e l’affaire de Caro nulla c’era di neppure lontanamente paragonabile…ma quanto mi sembrava avvicinasse De Caro a Romand era la natura del loro comune “avversario”: il demone della menzogna.”

“Avevo letto sul Corriere della Sera in una recensione dedicata all’Impostore la definizione di Javier Cercas come del più grande scrittore civile vivente e ne avevo letto la conclusione: quanto ci manca un Cercas italiano – e mi ero cacciato in testa di diventarlo io.”

“Mi spingeva verso la relazione pericolosa con de Caro il dubbio che anche lo storico, nella sua presunzione di verità, possa inciampare nella menzogna, o addirittura che possa coltivarla. Quanto meno: il dubbio che lo storico, nella sua esplorazione della realtà del passato, si muova lui stesso, al presente, lungo il crinale della mistificazione.”

Con queste premesse Luzzato ci racconta, con la precisione e a tratti la pedanteria di uno storico professionale, tutto della vicenda di de Caro, dai suoi primi passi fino alla nomina di direttore della biblioteca napoletana dei Girolamini, dove consumò l’ultimo atto della sua carriera di falsario e ladro: il furto di  migliaia di libri antichi, venduti a gallerie private e a collezionisti.  Un libro documentato (e impreziosito da una ventina di belle illustrazioni) che  ci lascia di stucco. La personalità di de Caro, che  “…ha scelto di vivere la vita come una permanente roulette russa, o come una ordalia senza fine”, è criminale, mitomane e megalomane. Non mancano in Italia: ma vedersela descritta con le precisione dello storico…

La scrittura di Luzzato è accurata;  e quando affronta il tema della morte del padre di de Caro (per crepacuore a causa delle colpe del figlio) e della sofferenza della madre, sale di tensione ed è capace di portarci dentro i più indecifrabili aspetti dell’animo umano.

Italia corrotta

Luzzato vuole fare di de Caro la personificazione dell’Italia predatrice, menzognera, indifferente al bene pubblico e dedita solo al vantaggio personale; dell’Italia che riesce anche ad ammantare tutto ciò di valori, buone intenzioni e alta dirittura morale quando invece si tratta solo di miseria umana e delinquenza comune. Non riesce però ad avvicinarsi a Carrere e a Cercas. Forse l’oggetto della ricerca di Luzzato non è della stessa qualità di un assassino come Romand o di un eroe nazionale come Eric Marco. De Caro è solo un malandrino e lo storico torinese non riesce a farlo diventare simbolo.  Ma raccomando ugualmente la lettura di questo Max Fox.



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